Tempio di Venkateshwara giovedì 30 gennaio 2020
Arriviamo in India, a Chennai, antica Madras, alle tre del mattino.
Chissà perché ma gli aerei dall’Europa arrivano e partono dall’India sempre di notte!
Fuori dall’aeroporto veniamo assaliti da decine di autisti che ci offrono il loro servizio, concordiamo il prezzo con uno dei tanti e ci dirigiamo a Mamallapuram ad un’ora d’auto di distanza … riconosco immediatamente l’odore dell’India, già tantissime volte visitata
Dopo una sosta di un paio di giorni nella rilassante Mamallapuram, sulla costa del Golfo del Bengala, in Tamil Nadu, ci spostiamo all’interno e precisamente a Tirupathi, in Andhra Pradesh. Questa città, piuttosto anonima e caotica, è la base per raggiungere le sette colline circostanti, in una delle quali sorge il tempio di Venkateshwara, uno dei luoghi sacri più visitati al mondo!!!
Venkateshwara è un avatar di Visnu, il Dio che conserva l’ordine dell’ Universo, e si narra che possa esaudire qualunque desiderio.
Perché non provarci ????
Il nostro autista, Sathish, ci avverte che dovremo entrare scalzi, senza alcun indumento in pelle, che non possiamo portare denaro né telefoni né macchine fotografiche e che gli uomini devono vestire il dothi, una specie di lenzuolo bianco bordato con una passamaneria dorata; le donne invece è sufficiente vestano pantaloni lunghi e braccia coperte
bene! siamo disposti a tutto
La sera innanzi andiamo in un mercatino presso un tempio più modesto e compriamo il dothi.
Viene spiegato a Paolo e ad Enrico come se lo devono addobbare; acquistiamo anche una sciarpetta da mettere al collo e che può servire per asciugare il sudore
Pronti , percorriamo la strada che sale al tempio.
Lasciamo scarpe e zainetto in auto e ci mettiamo in cammino verso l’entrata, con niente addosso se non il passaporto e 300 rupie a testa …. il passaporto ???? ebbene sì, con il passaporto e 300 rupie (l’equivalente di meno di 4 euro). Così possiamo evitare qualche ora di coda per il darshan, cioè la visione della murti della divinità
Ecco, siamo in coda assieme ad indiani che possono permettersi la spesa e a qualche straniero orientale, malese forse … nessun altro bianco all’orizzonte….. noi e loro!
Ben presto ci incanalano in corridoi protetti ai lati da transenne che seguono percorsi a serpentina, vere e proprie gabbie, a piedi nudi, lentissimamente, schiacciati come sardine, procediamo, e guardandoci intorno vediamo serpentine a perdita d’occhio con altre file (indiane appunto) di quelli che non possono pagare 300 rupie!
Grandissimi ventilatori provvedono a far circolare l’aria che altrimenti mancherebbe, uomini giovani e meno giorni, donne anziane col bastone, mamme con il loro piccolo in braccio, coppie di sposi in viaggio di nozze.
Osservo che tanti uomini, e qualche bambino, hanno la testa rasata e ricoperta con una polvere di sandalo, sacrificano al Dio i loro capelli come segno di sacrificio del proprio ego; si vedono anche alcune donne completamente rasate, sacrificio ancora più prezioso in quanto le donne indiane hanno capelli lunghissimi, che magari non tagliano dalla nascita. Poi indossano i loro abiti migliori, come se andassero ad una cerimonia (di una cerimonia in effetti si tratta) l’incontro con il divino …tutti in processione per vedere e farsi vedere dalla divinità.
Non vediamo altro che sbarre e persone che lentamente si spostano; se dovessi soffrire di claustrofobia, questo posto sarebbe davvero inquietante, ogni tanto viene intonato un mantra a Govinda, altro nome di Venkateshwara e si va avanti. Pur avendo fatto la scorciatoia, grazie al fatto che eravamo stranieri e che abbiamo pagato, facciamo più di due ore di coda …. per cosa? per passare davanti alla murti, alla statua della divinità, che si trova nel suo sancta sanctorum, e vederla da lontano solo per una frazione di secondo.
L’importante non è comunque che la veda tu ma che lei ti veda (ecco, in quella frazione di secondo devi esprimere il tuo desiderio); se ti distrai un attimo, non ce la fai, sei sospinto oltre da quelli che sono dietro di te, quindi meglio aver preparato un desiderio esprimibile con pochissime parole.
Dopo la visione, darshan, significa appunto visione, si continua la processione ancora per qualche decina di metri e poi si esce in uno grande spiazzo e ti viene dato un Laddoo, un dolcetto, ovvero del cibo benedetto.
Dopo aver visitato decine e decine di templi , in innumerevoli viaggi in India, ancora mi sorprende e mi emoziona vedere questa grande bakti (devozione); gente che viene da lontano, da altri Stati, magari a piedi, percorrendo chilometri e chilometri per mettersi in coda cantando e per passare davanti alla statua della divinità per una frazione di secondo.
Prima di uscire ci fermiamo ad un banchetto che vende piccoli ex voto in alluminio (occhi, gambe, cuori, toraci; la nostra amica Roberta, oculista, compra tanti occhi).
In albergo leggo sulla guida che questo è il luogo sacro più visitato al mondo; 30/40 milioni di pellegrini all’anno, nonché il più ricco …
sabato 8 febbraio ore locali 16:04
Siamo oramai alla fine del nostro ennesimo viaggio in India
Quest’anno, con due amici, Roberta ed Enrico, abbiamo percorso le strade del Andhra Pradesh, uno stato dal fascino discreto, per niente turistico ma ricco di meraviglie nascoste, templi indù, resti di monasteri buddhisti, luoghi di spiritualità jaina e palazzi mussulmani.
La sorpresa più bella sono i suoi abitanti, belli, scuri di pelle, sorridenti, con quei denti candidi che quando aprono la bocca sembra accendersi una lampadina…. curiosi ma rispettosi …. tutti, ma proprio tutti a farsi selfie con noi!
A volte addirittura si mettevano in fila per scattare una foto; le nostre immagini sono ora in centinaia di telefoni indiani, senza chiederci niente , solo dandoci la mano per ringraziarci, e poi disponibili, servizievoli … ah, quanto abbiamo imparato stando con loro….. torneremo a casa certamente più ricchi!
Prima di partire dall’Italia un amico ci ha augurato buon divertimento, ma in India non si viene per divertirsi, si viene per immergersi nell’esperienza del sacro e dell’umano
In questo momento sono distesa sul letto in una stanza del Marigold Hotel (avete visto l’omonimo film???? beh, non è proprio così, anzi è un gran bell’albergo).
Dopo ore e giorni di visite e di percorrenza di strade indiane e di alberghetti molto basici, essere in una camera come questa è un po’ come praticare pratyahara, una pratica yoga per il ritiro dei sensi, è propio quello che ci vuole.
Le strade dell’ India ti mettono a dura prova, in questi giorni fatico a dormire bene e penso sia principalmente per tutti gli stimoli che ricevo in continuazione, tutti i sensi sono continuamente sollecitati al massimo, l’udito in particolare. Centinaia di auto, autobus, camion e migliaia di motociclette (quello che notiamo è proprio l’aumento vertiginoso delle moto e la scomparsa dei risciò a pedali ) e tutti, ma proprio tutti che suonano in continuazione …. piiii piii paaa poooooo…….. l’ aria è praticamente irrespirabile……. l’odore è un mix di gas di scarico e puzza di urina ….. viaggio con un fazzoletto davanti alla bocca … fortunatamente ogni tanto si infiltra il profumo del curry …. ah, i sapori piccanti!!!
Li amo, ma qui è davvero troppo, per quanto raccomandi al cameriere not spicy la mia bocca brucia per qualche ora dopo ogni colazione o pranzo o cena, i colori dei sari delle donne colpiscono i miei occhi, rosa shocking, verde acido, azzurro, rosso.
Ora una bella doccia per lavare via la polvere e lasciar sedimentare le emozioni
Un’ ultima cena e poi domani ci imbarcheremo per Fancoforte.
A presto
Piera e Paolo
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Sapere aude! Orazio