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Grande festa stasera alla Vides Veneto. E’ la festa di chiusura dell’anno scolastico della
Scuola di Italiano. Tutti avranno un bell’attestato di frequentazione. Mi piacciono gli
attestati scolastici: ci dicono che abbiamo studiato, che abbiamo fatto un passo avanti
nella conoscenza e che perciò siamo un pochino più liberi.
Ripenso al mio primo giorno da volontaria alla scuola di Italiano.
Sono le nove di sera e sono convinta di essere in anticipo. Illuminato da un lampione del giardino della scuola, vedo sfrecciare un velo da suora; una figura slanciata svolazza atletica nella nebbia. Sarà la nebbia ma, in linea col velo, ecco delle
scarpe da tennis colorate di giallo che si muovono come in una frenetica danza: è Suor Luigina. E la gioia per la mia nuova avventura diventa felicità: sono nel posto giusto.
Ma non ho capito niente, la lezione è finita, io sono in ritardo e suor Luigina me lo dice senza tante cerimonie ma mi consola: “non si preoccupi sarà per la prossima volta”.
Il sabato mattina sono puntualissima, anche troppo.
Un sorriso contagioso, una mano carezzevole e accarezzante ci accoglie tutti all’ingresso; potrei anche fare a meno di nominarla tanto si sa che si tratta di Suor Anna Maria il deus ex machina di questa missione, come la chiama lei. Dice sempre “grazie” lei e ti fa sentire unico e importante.
Mi dirigo verso le aule: circondato da un gruppo di persone, un fuscello pieno di energia corre da un’aula all’altra parlando lingue diverse e abbina i nuovi arrivati alla maestra volontaria; è Alessandra la direttrice di questa scuola allegra e chiassosa. Mi dedica un benvenuto di qualche secondo e, in modo spiccio, mi indica una sedia e il libro da usare.
L’aula è grande e luminosa e i banchi, rivolti verso un’immensa lavagna, sono ben ordinati a gruppi di due e di tre. Mi siedo composta e aspetto; in un attimo l’aula si riempie di voci, suoni e colori: lingue e visi di colori diversi si confondono fino a diventare un unico colore e un’unica lingua indefinita. Alessandra forma i gruppi e d’un tratto i banchi si uniscono a formare dei quadrati di varie dimensioni. Cerco di dare spazio arretrando verso la finestra; difronte a me una decina di ragazzi e ragazze che non hanno più di vent’anni. E’ uno dei gruppi di principianti che non sanno nulla di italiano.
– Buongiorno, come ti chiami?
Mi guardano strano (questa non parla neanche l’inglese … penseranno…Accidenti non posso stare in silenzio solo perché conosco soltanto quattro parole in croce di inglese. Mi convinco che è meglio che si abituino fin da subito al suono della nostra lingua e non guasterebbe neanche un pochino di dialetto veneto: giusto quel tanto per sopravvivere a Padova).Parto rivolgendomi a ciascuno con un uots ior neim? (Oh ies)
– Uots ior neim?
– OM0
– Ciao OMO, parli italiano?
– No
– Du iu spic inglisc?
– Yes
– (Ahia! E ora? Penserà che parlo inglese e mi dirà cose che non capirò. Bisogna correre ai ripari. Al diavolo la lingua di Albione e la sua perfidia. Vai con la lingua di Dante e se vuoi impari altrimenti… Altrimenti che? Altrimenti io imparerò l’inglese e se sarà necessario anche il Bambara. Ecco fatto! Torno a casa e faccio un corso accelerato).
– Bene cominciamo.
– Buongiorno, io sono la vostra maestra di italiano e mi chiamo Maria Grazia.
– Bongionno io sono Omo e sono di Naigiria
– Buongiorno … Ni…ni …ni N I G E R I A
– Naigeria
– Nigeria, Nigeria, Nigeria
– Naigeria
– Cantalo
Evvai col canto: Nigeriaa, Nigeriaaa, Nigeriaaaaa
– Molto bene
E così via … Sembra che il canto tolga gli accenti e unisca i popoli.
Stasera canteremo tutti insieme e sarà bellissimo. Ho imparato tante cose e conosciuto tanti modi di essere attraverso il loro approccio all’italiano: la costanza e la tenacia di Seedy, la poesia di Kalil, la forza di Famara; la dolcezza di Madushani e di Sandamali. L’intelligenza pronta di Niluka, la disponibilità di Kumudu. E Mufid dov’è? Che non lo vedo più? Ho imparato i loro bellissimi nomi pieni di significato: nomi armoniosi, che sanno di pace e di fratellanza, che profumano di fiori e risuonano insieme come sinfonie naturali.
Ci saranno bambini e giovani stasera e noi a guardarli insieme col cuore gonfio per le loro prime parole italiane ben dette e ben scritte imparate piano piano o meglio doni doni, himin himin, seda seda, sia sia…
Forse non imparerò l’inglese ma che bello il Bambara
Maria Grazia Rassu per Vides
8 giugno 2017