Home / Blog / Il racconto del mese/ Cumuli di nulla in una Europa molle
Sfogliando il Messaggero di Sant’Antonio, vengo colpita da una poesia mirabilmente mutuata dal Vangelo.
La riporto così come la trovo scritta
Distacco, rinuncia, ascesi – questo sarebbe già volare troppo alto.
Non prender nota delle offerte speciali, puro piacere!
Non emergere da nessuna parte, tralasciare il più –
Acquisto di conoscenza tramite gesti di rifiuto.
Solo chi non vede tante cose può vedere qualcosa.
L’IO: una forma cava, definita da ciò che tralascia.
Quel che si può tener stretto, quel che ci tiene stretti è il meno.
Associo quel “ciò che ci tiene stretti” ai nostri divani europei: tutti più o meno simili, tutti più o meno rivolti verso il televisore. E mi sento in trappola! Anch’io stretta tra un divano e un televisore.
Considero che è bastato poco per lasciarmi andare, per smettere di rinunciare; è bastato davvero poco per smettere di credere di poter volare alto: il frigorifero colmo di cibo in buona parte da buttare, gli armadi colmi di abiti in buona parte fuori moda. Cose che mi offuscano la vista: non so più cosa mangiare o cosa indossare. Smetto di scegliere e riempio velocemente e voracemente lo stomaco quasi a non volerne sapere; indosso qualcosa di comodo ma non mi vesto, tanto al divano non importa: lui ama la comodità. Una pizza fuori casa per lamentarsi del mondo che gira male, ogni tanto va bene ma senza esagerare. Non ho tralasciato nulla IO. L’innocente cavità che ho ricevuto in dono l’ho riempita come si fa con le valige destinate a un lungo viaggio. Ne ho riempito ogni piccolo angolo e mi ci sono perfino seduta sopra col terrore di tralasciare qualcosa che credevo assolutamente necessario e imprescindibile per la mia sopravvivenza soprattutto corporale. E se non fosse stato per la curva che un tale peso mi ha provocato sulla schiena, sarei ancora qui a dirmi che tutto quel di più mi era utile se non addirittura necessario. Come è potuto accadere che quell’IO di forma cava, nato per tralasciare sia stato improvvisamente gonfiato di cose? E se invece fosse soltanto disseminato di trappole? Trappole della mente s’intende, macchinazioni di una ragione corrotta dalla vista del troppo che nasconde il vero. Una forma di cecità e di sordità si è impadronita della parte cava del mio IO: il primo impulso sarebbe quello di reagire o, come si dice quando mancano le idee, di fare qualcosa. Mi muovo alla cieca e sento anche poco. Comincio a capire: qualunque sia questo qualcosa, non posso farlo col mio divano e men che meno col televisore. Ho bisogno di sentirmi parte partecipante e attiva di una comunità forte con ideali alti anzi altissimi. Con un IO privo di inutili orpelli, libero e pronto a raccogliere la gioia del saziarci poco per volta. E con essa il gusto del coltivare l’idea, il sogno, il progetto e la strenua difesa di essi. Insomma ho bisogno di Europa. Di una Europa con la schiena dritta. Una Europa capace di mantenere la rotta indicata dal Vangelo sul quale ha costruito il meglio di sé, liberata, come dice il poeta, dal meno e priva della schizofrenia che la porta talvolta a lasciarsi andare ripiegando su se stessa fino alla rinuncia di quanto ha costruito o a chiudersi aspramente e pigramente in se stessa, soggiogata dalla sua stessa sazietà.
Questa Europa sdraiata e satolla che con andamento greve va incontro al futuro dovrà ritornare alla sua forma cava o inevitabilmente verrà superata da gazzelle rese sempre più veloci da un’atavica fame di conoscenza e desiderose di imporre la loro visione del mondo. Se sarà un bene o un male lo dirà la storia. Ma noi? Sapremo combattere la nostra battaglia conservando in quella forma cava nient’altro che la fede in Cristo?
Maria Grazia Rassu per Vides
Padova 18 Settembre 2017